La settimana scorsa ho finito di leggere I giorni dell’eternità, terzo e ultimo libro della trilogia scritta da Ken Follett. Ultimamente la mia nomea di lettore forte è abbastanza in crisi, con una caduta progressiva dal mio record di libri letti (e di pagine) del 2010. Quest’anno potrei addirittura scendere sotto la fatidica soglia dei 12 (quindi di 1 libro al mese), ma per qualsiasi opera di Follett faccio sempre eccezione: queste ultime 1212 pagine sono volate via in poco più di tre settimane. Questo perché Follett ha una superba capacità di caratterizzazione dei personaggi, che poi in questi romanzi storici viene calata in un contesto ricostruito con estrema cura. In realtà avevo un po’ timore che questa terza parte non fosse a livello delle prime due, essendo ambientata durante la guerra fredda, rispetto alle due guerre mondiali, in cui l’autore ha sempre dato il meglio di sé (in particolare nella seconda). Invece mi sono dovuto ricredere, pur sentendo comunque un po’ la mancanza di cattivi molto marcati (ovviamente i personaggi dei nazisti si prestano particolarmente bene e qui mancavano).
Non credo sia un caso se questo autore è l’unico di cui io abbia letto tutte le opere. Aspetterò con impazienza la prossima.
Niente unicorno per me
Dal lontano ottobre 2005, per me primo aggiornamento, sono sempre passato alla versione più recente di Ubuntu, con puntualità (spesso con lieve anticipo). Quest’anno rompo la pluriennale tradizione, perché questo Utopic Unicorn porta veramente troppe poche novità. Sono assolutamente consapevole che questo implicherà mancati aggiornamenti fino al 2016 o, in alternativa, un aggiornamento doppio l’anno prossimo (o triplo, quadruplo, ecc. se successivo). Pazienza.
In compenso, per la ricorrenza del decennale di Ubuntu, il sito ufficiale della comunità ha pubblicato alcune foto di torte. Dalla seconda in poi sono abbastanza improbabili, mentre quella di apertura, bellissima, è quella con cui festeggiai il mio compleanno lo scorso aprile.
Il secchio ghiacciato (per la SLA)
Apro con un link: Associazione Italiana SLA.
Nei giorni scorsi ho voluto cimentarmi anche io nella pratica dell’auto-gavettone a fin di bene. Meglio noto come Ice Bucket Challenge, in questo periodo ha raggiunto altissimi livelli di viralità e spero sia ricordato per anni a venire.
Ci sono state parecchie polemiche a riguardo. Vorrei dire la mia, in modo sintetico, su un paio di punti. Il primo è che è un’iniziativa con fini benefici. Tutti il contorno, la sfida, la secchiata, il video, sono tutti a contorno. Lo scopo finale è quello di creare consapevolezza, quindi a me sta bene anche chi fa la secchiata e poi non dona (anche se ovviamente sarebbe meglio fare entrambi). Rispetto ovviamente chi dona e non fa la secchiata, ma non vedo in che modo questo possa essere meglio.
Il secondo: ho voluto fare questo gesto non dopo aver visto i video dei VIP (tra l’altro ne avevo visti pochissimi), ma dopo aver visto quello delle persone normali, dei miei contatti e dei loro contatti, magari anche quelli taggati con FAIL, che si sbagliano e si danno il secchio in testa. Mi sono divertito molto a farlo, non ho parlato nel video di SLA perché mi pareva ormai assodato. Questa iniziativa mi ha fatto sentire parte di un grande movimento spontaneo riunito per una buona causa. Dopo essermi asciugato, sono andato sul sito linkato sopra e ho fatto la mia donazione, senza bisogno di metterlo in evidenza.