Un paio di settimane fa ho deciso che fosse ora di un cambio di telefono. Il precedente (Nexus 5, di cui purtroppo mi accorgo di non aver scritto nulla a suo tempo) aveva servito egregiamente per due anni e mezzo. Purtroppo ultimamente era diventato lento e mostrava un po’ la sua età (l’avevo preso già vecchio, anche se non usato).
Ho pensato di ripercorrere le scelte precedenti e di non comprare un modello recentissimo, anche perché ultimamente fanno tutti schermi che per i miei gusti sono un po’ troppo grandi. Avendo imposto come vincolo uno schermo intorno ai cinque pollici, nfc (serve per i biglietti dei mezzi pubblici), usb-c e un sistema aggiornato, la scelta è ricaduta su Google Pixel (il primo Pixel).
Dopo alcuni giorni di utilizzo devo dire che sono molto soddisfatto: Android 8.1 ha sicuramente fatto passi avanti rispetto al 6, il peso leggermente superiore non si avverte, mentre lo spessore più sottile dà una sensazione di maneggevolezza. Lo sblocco con impronta è comodissimo, la maggiore RAM si vede tutta, le foto sono molto belle.
Se proprio devo trovargli un difetto, io non avrei messo il pulsante di sblocco dallo stesso lato del volume. È anche vero però che il pulsante di sblocco si usa molto meno, visto che si può sbloccare molto più velocemente con l’impronta.
Prezzo di acquisto: 292€
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Ma va là, sbang!
Ci sono un paio di cose di cui in gioventù ho abusato. Una era la televisione: cartoni animati soprattutto, ma anche serie tv e alla sera film. L’altra, argomento di questo post, è la lettura di fumetti. Con le dovute eccezioni de Il Giornalino e (più raramente) Geppo/Tiramolla/Popeye, le mie letture erano Disney: Topolino, con relative collane secondarie (Classici, Grandi Classici, Mega Almanacco, Paperino Mese, et similia). È capitato dunque negli anni che, a forza di continue riletture di vecchie storie, alcune frasi siano entrate nel mio lessico quotidiano. Più recentemente, mi sono reso conto di questa situazione quando ho sentito i miei figli ripetere tali frasi, semplicemente perché le avevano sentite da me. Da questa rivelazione è scaturita l’esigenza di portare i miei pargoli a conoscenza delle fonti di tali frasi: è partita dunque una caccia alla vignetta.
Purtroppo gran parte della vasta collezione è andata perduta (forse questa è una fortuna, perché ultimamente sto rivalutando la positività del decluttering) e online non si trova quasi niente. Ho dovuto ricorrere al fiorente mercato dell’usato, in cui si possono reperire vecchi numeri di Topolino per pochi euro. Ecco dunque la vignetta che ha dato origine all’espressione riportata nel titolo. Fa parte della storia Zio Paperone e l’invasione dei maxi-robot.
Una seconda frase, ripetuta ogni volta sia giunta l’ora di dormire è “A letto amici”. Tratta dalla storia Zio Paperone e l’enigmisticomania e contenuta in un bellissimo, quanto facile, rebus.
L’ultima vignetta, che mi manca, e di cui quindi purtroppo al momento non posso riportare l’immagine, è tratta da Paperino e il capro di Acatapulco: è “vado a pulirmi i denti, fiuu fiuu”, usata da Paperino per ingannare l’eponimo capro che lo teneva prigioniero. La storia era contenuta all’interno di Classico Olimpiadi, un numero speciale de I classici.
La neve a Roma
Si sa, la neve a Roma è sempre un evento. Essendo un fenomeno non molto frequente, la neve viene accolta con gioia (soprattutto dai bambini) ma anche con qualche preoccupazione (soprattutto dagli adulti).
La nevicata di quest’anno si era fatta attendere sei anni, nemmeno tantissimo. Ha portato a due giorni di scuole chiuse, nonostante sia durata solo lo spazio tra una notte e una mattinata.
Noi comunque abbiamo rispettato la tradizione e fatto il nostro pupazzo di neve.